mercoledì 26 febbraio 2014

L'onore e il destino: per abolire i matrimoni forzati

Izzat e Kismet/Honour and Fate: l'onore e il destino.. parole che si traducono, ancora per troppe donne, in crudeli condanne. A cui è necessario opporsi con strategie serie che, nella nostra regione, hanno già una storia importante.
Venerdi 28 Febbraio 2014 avrà luogo a Bologna il Convegno conclusivo del progetto di contrasto ai matrimoni forzati nella provincia di Bologna: agire sul locale con una prospettiva internazionale.
In tutto il mondo, i diritti delle donne vengono violati, con gravi conseguenze ove le donne decidono di opporsi all'imposizione di comportamenti e regole soffocanti. A partire dalla negazione dell'elementare diritto di scegliere con chi, e se e quando, sposarsi.
Per oltre 10milioni di ragazze e bambine ogni anno, ancora oggi l'imposizione violenta di matrimoni forzati (spesso con uomini anziani) è una durissima realtà, che viene attuata spesso anche sui nostri territori. Si tratta di imposizioni che trovano profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini, in stereotipi e leggi patriarcali, basati sul consenso al controllo sociale sul corpo e sulle scelte sessuali delle donne. E' questo terreno "culturale" che consente il persistere, e rafforza, queste pratiche in molte comunità, dentro e fuori i paesi d’origine.
Molti Stati, per evitare la condanna internazionale rispetto al fenomeno delle spose bambine, hanno iniziato ad introdurre nelle proprie legislazioni il divieto di celebrare matrimoni precoci. Ma gli sposalizi forzati non avranno fine fino a quando non si cambierà la cultura che li legittima. E' per questo che anche in Italia (dove simili azioni sono decisamente fuori legge) tante bambine e giovani di familgie immigrate, anche se nate e cresciute nel nostro Paese, subiscono matrimoni forzati. A volte le loro storie vengono a galla: perché alcune tentano di sfuggirvi con il suicidio oppure finiscono vittime di femminicidi per aver osato ribellarsi. A volte semplicemente spariscono da scuola o dall’Italia, senza che nessuno abbia udito il loro grido d'aiuto.
Il progetto ‘Contrasto ai matrimoni forzati nella provincia di Bologna: agire sul locale con una prospettiva internazionale’ (realizzato da ActionAid e Trama di terre con contributo Fondazione Vodafone Italia) nasce con l’obiettivo di dare una risposta concreta per combattere questo fenomeno, proponendo strumenti utili alle operatrici/operatori dei servizi. Nel corso del convegno saranno presentate le prime Linee guida realizzate in Italia.
Appuntamento alla Regione Emilia Romagna, ore 9-18
Terza Torre, Viale della Fiera 8, Bologna
Saranno presenti: Teresa Marzocchi (Assessora alle Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna); Beatrice Costa (Capo Dipartimento Programmi ActionAid Italia); Tiziana Dal Pra (Pres. Ass. Trama di Terre);  Barbara Spinelli (avvocata e consulente legale del Centro Antiviolenza di Trama di Terre); Tiziana Zannini (dirigente Uff. Affari Generali e Sociali Dip. Pari Opportunità presso Presidenza Consiglio dei Ministri); Meena Patel (ass. Southall Black Sisters, Londra); Nursel Kilic (Femmes Solidaires, International Free Women Alliance, Parigi), Corinna Ter-Nedden (Centro Papatya, Berlino), Cristina Cattafesta (Cisda - Coord. Italiano Sostegno Donne Afghane). Inoltre una rappresentante di Fondazione Vodafone, che ha sostenuto economicamente il progetto.
Tiziana Dal Pra, presidente di Trama di Terre: Abbiamo voluto fornire a operatori e operatrici indicazioni e strumenti utili a garantire l’effettiva protezione di donne e bambine, con la consapevolezza di essere solo all’inizio di un percorso complesso e poco esplorato in Italia. Per questo vogliamo porre all'attenzione della politica italiana questo tema, portando il nostro contributo, frutto del lavoro sul campo fatto negli ultimi 5 anni. La prima necessità è quella di riconoscere i matrimoni forzati come una delle forme di violenza contro le donne: per farlo bisogna uscire da logiche relativiste e neutre che lo ascrivono solo a una problematica culturale. Chiediamo che il contrasto ai matrimoni forzati sia inserito come uno dei punti del Piano Nazionale antiviolenza che auspichiamo venga al più presto approvato
Rossana Scaricabarozzi di ActionAid: I matrimoni precoci e i matrimoni forzati trovano profonde radici negli squilibri di potere tra donne e uomini e in stereotipi e leggi che rispecchiano l’idea che la donna debba ricoprire un ruolo sociale e familiare subalterno, regolato da modelli patriarcali. Per questo chiediamo all’Italia e agli altri paesi riuniti in sede delle Nazioni Unite che durante la prossima Assemblea generale si discuta di come inserire impegni specifici a contrasto dei matrimoni precoci e forzati nella nuova agenda globale per lo sviluppo dopo la scadenza degli Obiettivi del Millennio nel 2015.
Ricordiamo qui, infine, che Trama di Terre (oltre a promuovere questo progetto), ha gestito il primo rifugio in Italia per le donne scappate da matrimoni forzati e servizi di supporto alle donne che vi hanno transitato. Ha inoltre sviluppato attività di formazione e sensibilizzazione rivolte sia alla cittadinanza sia alle istituzioni, incentivando la condivisione di best practices a livello internazionale. 
Per info: stampa@tramaditerre.org,  tel. +39 334 7311570
Qui un breve video di Elders sulla dimensione del fenomeno dei matrimoni forzati a livello globale:

lunedì 24 febbraio 2014

Quali politiche di genere nel governo Renzi?

Nei giorni precedenti la formazione del governo, l’associazione nazionale D.i.Re aveva chiesto a Matteo Renzi di nominare una ministra alle politiche di genere; la richiesta di un ministero per le pari opportunità era stata avanzata anche da diverse associazioni e sul web era stato lanciato un appello firmato da oltre 50 associazioni
Ma il ministero per le pari opportunità non è presente nell'esecutivo e non è stato assegnato come delega a qualche ministero. Questa scelta preoccupa. E molto, perchè in un momento attraversato da una profonda crisi politica, economica e culturale che ha penalizzato particolarmente le donne non si può prescindere da un ministero che si occupi nelo specifico dei problemi delle donne. La politica italiana sollecitata dai centri antiviolenza non si è mai assunta pienamente la responsabilità delle risposte perché non ha compreso la portata e il significato del fenomeno della violenza alle donne e le sue conseguenze sulla società. Il fenomeno del femminicidio può essere combattuto con programmi e impegni concreti da parte di tutti i ministeri e con un dicastero con finanziamenti sufficienti per coordinare tutte le politiche tese ad eliminare la discriminazione tra i generi. Studi e statistiche internazionali puntualmente rivelano che l’Italia è il fanalino di coda in Europa, quanto ad occupazione femminile e a parità salariale tra uomini e donne. Una recente indagine Istat sul capitale umano, ha rilevato che le donne hanno carriere più brevi e salari più bassi anche se producono più degli uomini quanto a lavoro di cura e casalingo. L’obiezione di coscienza alla 194 e una pessima legge sulla fecondazione assistita, la legge 40, hanno minato profondamente il diritto all’autodeterminazione delle donne e il loro diritto alla salute, e sono state espressione di scelte ideologiche oscurantiste che vogliono controllare il corpo delle donne. La rappresentazione della figura femminile nei media, nella pubblicità come oggetto sessuale è stata la conseguenza del gender gap che ha sottratto alle donne diritti, dignità, opportunità e libertà. Dal 2000 al 2012 sono state uccise in Italia 2200 donne. Nel 2013 le state 128 rispettando la triste statistica di una donna uccisa ogni due o tre giorni. Rashida Manjoo special rapporteur dell’Onu sul problema della violenza alle donne, due anni fa, aveva ammonito l’Italia dicendo “In Italia resta un problema grave, risolverlo è un obbligo internazionale”. I centri della rete nazionale accolgono migliaia di donne l’anno e sono testimoni di quella dura corsa ad ostacoli che è ogni percorso di uscita dalla violenza: tra vittimizzazioni secondarie, richieste di aiuto inascoltate, incapacità di riconoscimento del problema nelle sedi istituzionali che dovrebbero essere in prima linea a sostenere le vittime. Per anni sono state denunciate le carenze e le inadeguatezze delle politiche di contrasto alla violenza contro le donne, e per anni è stato ripetuto che le risposte securitarie non sono sufficienti e non sono l’unica risposta contro il problema del femminicidio. I Centri antiviolenza hanno partecipato ai tavoli interministeriali avviati durante il Governo Letta per indicare quali interventi, strategie, politiche e progetti sono necessarie per sostenere le vittime, i loro figli e le loro figlie, quali azioni servono per prevenire la violenza sessista e quali risorse devono essere messe in gioco per attuare un cambiamento culturale. Non sappiamo oggi che cosa sarà dei contributi portati su quei tavoli frutto della nostra più che ventennale esperienza, né sappiamo se le nostre indicazioni saranno accolte. Siamo ancora in attesa del rinnovo del Piano Nazionale contro la violenza e non sappiamo se saranno previsti finanziamenti certi e costanti per i centri antiviolenza. In un clima di continue incertezze, evanescenze, slogan e proclami mai seguiti da azioni e da politiche efficaci, la scelta di Matteo Renzi di negare alle italiane un ministero per le politiche di genere o per le pari opportunità è inaccettabile. La nomina di un esecutivo diviso equamente tra ministri e ministre in un contesto come quello italiano, se non sarà seguito dall’attuazione di politiche efficaci si rivelerà una operazione demagogica e di facciata: le quote rosa non sono sufficienti. Le quota rosa a ben poco servono quando alle donne viene negata una piena partecipazione alla vita economica, culturale e politica del Paese. Queste pari opportunità ci paiono un privilegio delle donne dei Palazzi della politica che chiude le porte ai diritti e alle opportunità per le donne che ne sono fuori