martedì 4 novembre 2014

Rimini, nel nome delle donne

Inaugura sabato 8 novembre, e resterà aperta un mese, la mostra Rimini nel nome delle donne: pensata e curata da donne per restituire una lettura del territorio capace di dare riconoscimento alle figure femminili della storia.
Tra le principali promotrici del progetto Irina Imola (Assessora ai Servizi Generali di Rimini), che dice: "Attraverso una ricostruzione storica e iconografica sapientemente organizzata si riuscirà a comprendere la straordinarietà delle donne, alle quali, durante gli anni, Rimini ha dedicato propri spazi urbani. Figure femminili più o meno conosciute ma tutte ugualmente capaci di lasciare un segno importante attraverso il loro essere-nel-mondo. Donne che hanno “segnato una strada” e alle quali oggi sono dedicate vie, parchi, rotonde e percorsi. Sempre al cammino mi riferisco: a quello di essere arrivate a rendersi evidenti al mondo quando il mondo era dominato da un imperante pensiero che le relegava in una condizione subalterna e al cammino che, ancora oggi, dobbiamo compiere per affermare, come direbbe Hannah Arendt, il nostro “chi” irripetibile, nel confronto con l’unicità dell’altro. Per le donne qualsiasi tempo è stato un tempo difficile e nemmeno oggi, dopo tante battaglie di civiltà e diritti, la donna è immune da catalogazioni, prevaricazioni, violenze. È anche per questo che ogni nostra azione deve tendere a ripristinare o a raggiungere la parità dei diritti e delle opportunità in ogni ambito. La Toponomastica può compiere un’operazione morale e intellettuale fondamentale: sottrarre all’oblio e alla non conoscenza la memoria di tante donne della storia. E oggi quali strade dovremmo percorrere per costruire il mondo che vorremmo? Io credo le sole che conducano ad un cammino di inclusione, equitá, giustizia e libertà, in cui ogni individuo può vivere il suo ruolo nel mondo, in quello spazio pubblico, aperto e plurale, per la cui esistenza varrà sempre la pena combattere e che qui celebriamo. È su queste premesse che abbiamo intrapreso, per le intitolazioni della nostra città, un cammino di parità”.
Non per niente Irina Imola fa parte, fin dalle sue origini, del gruppo della Toponomastica Femminile.

Dall'8 novembre 2014, al Palazzo del Podestà, piazza Cavour, Rimini.

Da poliziotto: chiedo scusa alla famiglia Cucchi

Servo lo Stato da 26 anni soltanto grazie a un prudente disincanto che mi permette ancora di sopravvivere tra le pieghe di quel medesimo nulla costituito per lo più da ingiustizie, bugie, miserie umane, silenzi, paure, sofferenze. 
Oggi intendo rompere quel silenzio cui si è condannati quasi contrattualmente da regolamenti di servizio che impongono e mitizzano l’obbedire tacendo, perché le parole pronunciate dal Segretario nazionale del Sap all’esito della pronuncia di assoluzione non restino consegnate anch’esse al fenomeno di cui sopra.
Il diritto di parola consentito al Segretario nazionale del Sap [Gianni Tonelli, SAP sta per Sindacato Autonomo di Polizia, ndr] gli ha permesso di esprimere ”la piena soddisfazione per l’assoluzione di tutti gli imputati” con una disinvoltura che abitualmente può trovare applicazione esclusivamente in uno stadio, ove l’unica forma di dolore può derivare abitualmente da un goal mancato e non già dalla morte violenta di un giovane celebrata in un’aula di Giustizia.
Bisogna finirla in questo Paese di scaricare sui servitori dello Stato la responsabilità dei singoli, di chi abusa di alcol e droghe, di chi vive al limite della legalità. Se uno ha disprezzo della condizione di salute, se uno conduce una vita dissoluta, ne paga le conseguenze”.
Queste parole, in un contesto democratico che ne apprezzasse il loro peso, sortirebbero reazioni, conseguenze, interrogativi e dibattiti sul loro senso, sull’utilità e gli effetti di questa allegra scampagnata lessicale sul dolore di una famiglia - nonché una minima inchiesta semantica sul concetto di vita dissoluta e al limite della legalità.
Sarebbe da attendersi dal Segretario la spiegazione su quanto realmente produca paura in questo Paese e se l’abuso di alcol e droghe sia causa di morte per lesioni e se vi sia qualcosa di più dissoluto di un diritto calpestato.
Andrebbe preteso che ci chiarisse se quelle parole siano rappresentative di tutto l’universo della Polizia o - invece - siano la personale interpretazione di un dramma, o la recensione di un abominio. E ancora gli andrebbe richiesto se il silenzio seguito alle sue parole sia l’indicatore di un Paese dove domina sul diritto l’incertezza, sulla complessità della vita l’omologazione, sui drammi umani l’assenza di indignazione e l’ignavia.
Perciò chiedo scusa alla famiglia Cucchi per questo oltraggio infinito; per questa deriva che non può rappresentare la totalità degli appartenenti alle forze di polizia. Neppure quelli a cui per regolamento è precluso il diritto di indignarsi e di affrancarsi dalla convivenza col divieto di opinione.
Nel dubbio, semplicemente nel dubbio.
Francesco Nicito, agente della Questura di Bologna

All'agente Francesco Nicito vanno (anche) i nostri ringraziamenti; la riconoscenza di tante persone offese, ma anche, non dubitiamo, l'approvazione di molti colleghi che non possono apprezzare l'immagine nefasta che certi arroccamenti, su posizioni indifendibili, causano a tutto il corpo della Polizia di Stato.

domenica 2 novembre 2014

Le parole della violenza. I Centri antiviolenza emiliano romagnoli, a convegno il 7 novembre, si confrontano con i media

Una giornata per riflettere su media e violenza contro le donne perché le parole con il  loro significato chiamano all'esistenza tutto ciò che altrimenti sarebbe destinato a restare invisibile. 
Il Coordinamento dei Centri antiviolenza dell’Emilia Romagna ha organizzato il convegno Le parole della violenza. Centri antiviolenza e media si confrontano su come raccontare la violenza contro le donne che si svolgerà venerdì 7 novembre a Bologna, nella Cappella Farnese di  Palazzo d’Accursio.

Interverranno le giornaliste Marina Terragni e Luisa Betti, Antonio Farnè, presidente dell’ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna, Chiara Cretella, assegnista di ricerca all’Università Bologna e Anarkikka, autrice e vignettista. Giovanna Ferrari porterà la sua dolorosa testimonianza, già raccolta nel  libro denuncia Per non dargliela vintanel quale  ricostruisce passo passo i retroscena dell'assassinio della figlia.
Era l'11 febbraio del  2009 quando Giulia Galliotto venne brutalmente assassinata dal marito ma quel femminicidio subì una metamorfosi e nelle aule del tribunale come sulla carta stampata fu raccontato, a dispetto dell'evidenza dei fatti,  come un “delitto d’onore”.
Dopo gli interventi della mattina, si svolgerà una tavola rotonda e si inaugurerà la mostra fotografica Donne al Centro realizzata da Valeria Sacchetti, una giovane fotografa che dopo l’uccisione di un’amica, ha scoperto i luoghi che accolgono donne vittime di violenza. 
La mostra, nata dalla collaborazione dei centri antiviolenza NONDASOLA, Donne insieme contro la violenza e della Casa delle Donne contro la violenza, documenta i percorsi di quattro donne ospitate nelle Case Rifugio. 
Ogni foto è commentata dalle parole delle donne rivelando esperienze distanti dalla rappresentazione che i media fanno delle donne e della realtà della violenza. Nella distanza tra la rappresentazione e la realtà resiste tutta la volontà, conscia o inconscia, individuale o collettiva, di rimuovere le disparità tra uomini e donne che negli aspetti più involuti e distruttivi porta alla violenza di genere. Quella che le donne incontrano nelle relazioni di intimità, tra le pareti delle loro case, ma anche nelle strade o nei luoghi di lavoro.
@Nadiesdaa