sabato 21 novembre 2015

Vassallo e il dito contro vittime di violenza: no grazie, ce ne sono già a sufficienza

"Perché non hai detto qualcosa”, mi hanno chiesto, preoccupati e confusi. “Avremmo potuto aiutarti. Avremmo potuto fare qualcosa!” Ci credo. Se avessero saputo quanto orribile la mia vita era diventata, non ho dubbi che avrebbero fatto del loro meglio per aiutarmi. Ma tutto questo è successo più di vent’anni fa. Oggi sono guarita, emotivamente sana, ne sono definitivamente uscita, e col senno di poi è facile vedere con chiarezza che i miei amici e la famiglia mi avrebbero aiutato. Ma allora non era così. Perché quando sei nel bel mezzo delle cose, nel bel mezzo di un inferno del quale sei convinta di essere responsabile, non puoi vedere nulla in modo chiaro. La paura e la vergogna ti consumano: sono costantemente al tuo fianco. E quando guardi la tua famiglia e gli amici, li immagini mentre ti giudicano e ti deridono. Perché conosci le loro opinioni sulle donne coinvolte in relazioni violenteQuella che avete appena letto è la testimonianza di una donna che ha subito violenza tratta dal blog Ricciocorno Schiattoso

Come tante donne e uomini, ieri ho espresso forti critiche alla riflessione di Nicla Vassallo pubblicata il 18 novembre scorso e intitolata “Sulla violenza contro le donne meglio dubitare”. Le proteste si sono levate sul web contro un post che in soldoni giudica le donne che subiscono violenza. 
Quel  dito puntato crea uno spartiacque tra me e te, tra un noi e voi. Donne consapevoli e donne inconsapevoli. Ma ci servono i giudizi? Negli anni in cui ho incontrato le donne che rivelavano quotidiane violenze, ho imparato ad espellere il giudizio come fosse una mela avvelenata. La riflessione di Vassallo non dona alcun apporto fecondo al problema, banalizza in maniera disarmante e soprattutto tratteggia la figura della donna vittima di violenza sulla base di stereotipi. La violenza sessista evapora ove un’abile manipolazione confonde le responsabilità anche giudicando le vittime. Abbiamo tanti di quei diti puntati da non averne bisogno di altri.

Le donne sono "conniventi", "istigano", sono "ambivalenti" e via con le interpretazioni che fanno perdere di vista la realtà e quella disparità con gli uomini che si regge su una stratificata struttura di potere economico e sociale. 
Lottiamo ancora oggi contro queste opinioni e a volte inciampiamo ancora (ancora?) nella spiegazione del problema come rapporto vittima carnefice. 
Fin dal momento in cui nascono, uomini e donne sono soggetti a differenti destini, indotti con le buone o con le cattive ad aderire alla costruzione sociale del genere nella logica del mantenimento di prestabiliti rapporti gerarchici. Non si può distogliere l’attenzione dal sistema che mantiene in essere  le relazioni di dominio e potere, eppoi mettere sullo stesso piano chi agisce violenze (o trova vantaggio dalle discriminazioni) con chi  tali violenze o discriminazioni subisce.
Grazie alle testimonianze delle donne  abbiamo scoperto da un bel pezzo la connivenza tra famiglia, società, istituzioni e violenza. Se volgiamo uno sguardo sul piano di realtà è vero che la Convenzione di Istanbul è legge, eppure ancora oggi ci sono casi di rimozione della violenza che avviene non solo  nelle donne, nella società e nelle famiglie ma nelle sentenze o nei provvedimenti dei tribunali, nelle relazioni degli assistenti sociali, nella narrazione che viene fatta della violenza contro le donne. 
Negli ultimi anni abbiamo assistito ad una pericolosa tendenza che ha distorto i percorsi volti a restituire forza alle vittime per volgerli contro di esse; per creare nuove forme tutela e di controllo e senza che si agisse adeguatamente per bloccare i comportamenti violenti. 
La reazione contro la libertà delle donne è forte perché la posta in gioco è alta.
Le donne debbono fare la loro parte ed essere coscienti della loro adesione ad una cultura che le subordina e le vittimizza. Si, è vero e chi lo nega? Questa osservazione fatta dalla Vassallo mi pare sinceramente la scoperta  dell'acqua calda. 
Monica Lanfranco, in Letteralmente femminista, ha scritto qualche anno fa che si dimentica, o si tace consapevolmente, di dire che la libertà delle donne è scomoda, imprevista e mal vista, per motivi diversi sia dagli uomini che dalle donne stesse, combattuta sempre e nemica del successo e della coabitazione con il potere; a meno che non si tratti di libertà ceduta per cooptazione, per contratto a termine e in subordine alle regole da rispettare nei luoghi e nei ruoli che contano, senza metterli in discussione.
@nadiesdaa

venerdì 6 novembre 2015

#7N Un ponte tra sorelle in marcha contra las violencias machistas

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Sabato 7 novembre 2015: a Madrid le donne spagnole parteciperanno alla Marcha Estatal contra las violencias machistas e occuperanno strade e piazze in quello è stato già battezzato il movimento del 7 novembre. Le femministe spagnole sono riuscite a superare  le barriere ideologiche che le dividevano e a porre l'interesse per i diritti delle donne al di sopra di tutto. Unite e compatte porteranno la loro protesta nelle strade di Madrid. La mobilitazione nazionale è molto forte tantoché  l'assessorato alle pari opportunità del  comune di Villa-Real, sulla costa spagnola vicino Valencia, ha messo a disposizione  pullman gratituitamente per partecipare alla marcia di domani. Non è la prima volta che le donne spagnole si mobilitano in massa. Il 1° febbraio del 2014 parteciparono in  migliaia alla manifestazione Porque yo decido spostandosi sui treni per protestare contro il progetto di legge del ministro della Giustizia Alberto Ruiz Gallardón, che intendeva vietare l’aborto come libera decisione della donna, limitandone il ricorso ai casi di violenza sessuale o di grave rischio per la salute della donna.
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Sulla pagina Fb del gruppo Noi non ci stiamo! (al quale ho aderito) Simona Sforza ha scritto, riguardo a domani, che:  "la mobilitazione spagnola e tutte le altre che vi hanno aderito e che solidarizzano a distanza sono la dimostrazione che manifestare è ancora una modalità fondamentale di lotta e per rendere visibili i problemi e le istanze hanno capito che non c'è più tempo da perdere, si sono mobilitati tutti e tutte.. oltre gli steccati e le appartenenze. Sono un faro per tutte noi!".


In Italia proprio il gruppo Noi non ci stiamo!   sta mantenendo i contatti con le donne spagnole ed oggi  ha pubblicato una lunga lettera nella quale si rivolge alle madrilene e  scrive: vi siamo grate per il vostro lavoro, per i messaggi di coraggio e di forza che state lanciando con il movimento del 7 novembre. L'invito a manifestare è giunto forte anche in Italia, dove la situazione, circa le molteplici forme di violenza a cui le donne sono soggette, è molto grave. Abbiamo lanciato anche noi un appello, un moto emozionale per proporre un tavolo di lavoro comune, per riuscire a materializzare anche da noi qualcosa di simile a ciò che siete riuscite proficuamente a realizzare in Spagna. Un esperimento di politica delle donne, per tornare a rendersi visibili, incidere in modo adeguato alle circostanze, fare pressione sui luoghi decisionali, sul Governo in primis. In tante abbiamo voluto credere che potesse nascere qualcosa di indipendente, spontaneo, autonomo. Abbiamo tentato di coinvolgere le varie componenti dei gruppi/associazioni femminili e femministe italiane, su un progetto che portasse le donne italiane a collaborare a un testo, a una piattaforma che ragionasse sulla situazione italiana e rivendicasse gli interventi più urgenti. Portare le donne italiane nuovamente in piazza, sarebbe stato solo il punto finale di un lavoro condiviso e di una modalità operativa utile anche per il futuro. Non siamo riuscite a coagulare il desiderio di manifestare esplicitamente, tutte insieme, la nostra insofferenza per una situazione che per noi donne italiane ha gravissimi punti di sofferenza, visto che la violenza machista si esprime in molteplici modi. Ringraziamo quante hanno condiviso questo sogno, ma la realtà italiana non è quella spagnola.
L'Italia non è la Spagna, non lo è per le note positive. Nel nostro Paese non c'è, al momento, un  movimento femminista compatto e vitale ma molti gruppi femministi divisi  da innumerevoli steccati rispecchiando  un dna tutto italiano.  Purtroppo assomigliamo di più alla Spagna per le politiche di attacco alla libertà delle donne. Le politiche conservatrici del governo di destra  Rajoi hanno minato il diritto all'autodeterminazione delle donne, cercando di limitare la legge sull'interruzione volontaria di gravidanza (ma hanno trovato la ferma opposizione delle spagnole); in Italia il governo Renzi non muove un dito per risolvere la questione dell'obiezione di coscienza che ormai riguarda oltre il 70% dei ginecologi che operano nelle strutture pubbliche. La ministra alla sanità Beatrice Lorenzin adottando la strategia del muro di gomma continua a sostenere che va tutto bene e a dispetto di quanto denunciato dai ginecologi della Laiga, continua a firmare  rapporti ministeriali dove si sostiene che l'obiezione di coscienza non ostacola le donne italiane che scelgono di abortire. Ma i dati dicono ben altro.
Le scelte politiche dei governi italiano e spagnolo sono affini purtroppo anche per gli interventi sul tema della violenza contro le donne. In Spagna Rajoi ha agito in maniera più diretta ed  ha tagliato i fondi per gli interventi a sostegno delle donne maltrattate mentre in Italia il governo si è mosso in maniera più subdola confermando quella schizofrenia tra proclami demagogici e attuazione di politiche di contrasto al femminicidio. I pochi fondi che erano stati stanziati con la legge sul femminicidio   sono andati dispersi in mille rivoli: distribuiti senza definire alcun  criterio qualitativo   sono stati inghiottiti da logiche clientelari e finiti nella mani di associazioni che non si erano mai occupate specificamente di violenza. Intanto ai  centri anti-violenza sempre più in affanno sono andate sole le briciole.
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Domani si manifesterà a Bristol, Londra, Parigi, Stoccarda, Vienna, Strasburgo, Dublino.
A Milano l'appuntamento è alle 15.30, in Piazza Cordusio,  angolo via dei Mercanti. La manifestazione a Milano verrà  rilanciata anche domani su Radio Onda D'Urto di Brescia.
@nadiesdaa
Pubblicato anche su Il porto delle nuvole