lunedì 21 dicembre 2015

Lettera di una mamma a Gesù bambino

Ricevo e pubblico una lettera inviatami da una donna accusata di alienazione parentale o Pas

Caro Gesù bambino,
in occasione della ricorrenza della tua nascita, vorrei rivolgerti una preghiera, che mi auguro tu riesca ad ascoltare in mezzo al frastuono di richieste ed appelli che in questo festoso periodo avrai già ricevuto e continuerai a ricevere. Per favore, non scordarti di vegliare su mio figlio, che è venuto al mondo proprio in questi giorni di festa, e compie gli anni come te alla fine dell’anno. Mio figlio Franceschino è venuto alla luce una notte di dicembre, nella casa della mamma, in mezzo a fiocchi di neve, pacchetti sotto l’albero e fuochi d’artificio.

Sono una mamma dinamica, presente per lui quel poco che resta del giorno, fra il tramonto e l’ora di fare le nanne, quando ritorno dal lavoro, sempre un po’ troppo stanca, ed un po’ preoccupata per le bollette e l’affitto da pagare, i compiti da finire, la cena e la buona notte da preparare per lui. Faccio tutto da sola. I preziosi angeli del focolare che si occupano di lui per tutto il resto del tempo sono i nonni, pilastri di questa vita tiranna di affetto e di pace.
Per favore, non dimenticarti di Franceschino. Questo potrebbe essere il primo Natale che trascorre lontano dalla sua famiglia, o forse, se tu getti un po’ di polvere sul fascicolo che da anni è ferocemente vivo presso il Tribunale dei Minorenni, potrebbe essere almeno l’ultimo che trascorre a casa. Il mio bimbo è scomodo a tanti. Non lo vogliono lasciare a casa, nella casa dove è nato con le persone che lo hanno atteso e cresciuto, fra mille sacrifici e gioie. Io non lo posso tutelare, né sono più in grado di farlo restare a casa nostra. Non sono nemmeno più forse la sua mamma. Lo resto nel DNA e nelle amorevoli cure e calore e serenità che ho saputo offrirgli in questi anni.
Lo so che lui non è un bimbo siriano, afghano, o coreano. È italiano. Non ha patito bombardamenti, mutilazioni né esodi. Eppure è anche lui un profugo di guerra, vittima di un crudo regime. Anche lui presto dovrà abbandonare la sua casa, la sua scuola, la sua normalità, i suoi affetti più cari per essere collocato in un istituto insieme ad altri bambini i cui familiari non sono in grado di occuparsene, provenienti da ogni dove. Di miserie ce ne sono tante, che non si vedono al notiziario delle 20.00. Se avessi perso il lavoro e non fossi più in grado di mantenerlo in una vita decorosa, caro Gesù bambino, ti chiederei di farmi trovare un nuovo lavoro. Ma il lavoro non mi manca. Se avessi perduto la casa, ti chiederei di farmene trovare una, piccola piccola, in cui ci fosse spazio per mettere un lettino e un po’ d’amore la sera. Eppure non ho perso nemmeno la casa. Se io avessi perso la salute, e non fossi in grado di curarmi del mio bimbo, ti chiederei di darmene ancora un po’. Se io avessi perso la ragione, e la sto per perdere, credimi, ti chiederei di restituirmela. Se io fossi una criminale, ti chiederei perdono per le mie colpe, chiederei subito di pagare il mio conto con la società, per essere reintegrata. Se ci fosse qualcosa che io potessi cambiare per poter tornare ad accudire il mio bimbo, ti prego di farmelo sapere, e di fare questo miracolo.

Mi chiederai ora dov’è suo padre e perché non ci aiuta.
Caro Gesù, perdonalo anche tu. Illuminalo. Proteggi Franceschino dalla sua guerra e dal suo odio. Prima che il seme di una nuova vita nascesse nel mio grembo, lui mi aveva già fatto del male. Sono fuggita. Impaurita e spaesata. Un giorno poi è tornato. È tornato a prendersi quello che gli appartiene. Un patriarca con piena ed indiscussa autorità sui suoi discendenti. Qualunque cosa lui chieda al bambino o a me, gli è dovuta per diritto. Ha scatenato una guerra lucida e ostinata, con un esercito professionale ben strutturato al suo seguito. Prima mi ha indebolita fisicamente, economicamente e psicologicamente. Poi si è recato presso il Tribunale indicando una da lui presunta incapacità genitoriale mia, ed una presunta sindrome psichiatrica da cui potrebbe essere afflitto il bimbo a causa della mia incapacità genitoriale. Sono stata definita una mamma con comportamento alienante, hanno detto che plagio mio figlio per non fargli amare il padre. Che mio figlio ha un problema relazionale col padre a causa mia. Franceschino da quando è nato ha visto suo padre principalmente nelle stanze delle Asl, dei centri specializzati, nelle Caserme, nei corridoi dei Tribunali, della Procura, nelle asettiche stanze con la telecamera accesa. Sono stata insultata e lesa da tutti quelli che in quegli spazi ho incontrato. Il male peggiore non sono state le percosse ricevute, ma il non essere creduta, sostenuta, né aiutata. Neppure ascoltata. Essere accusata di essere malevola, superba, ostativa. I miei difensori vedevano gonfiare il loro portafogli mentre si assottigliavano le possibilità di tenere mio figlio a casa con la mamma. Nessuno ha detto che far nascere e crescere un bambino sano e stupendo sia stato un atto di coraggio ed amore da parte mia.
Esclusivamente mia. Nessuno ha contestato la mancanza di interesse e di sostegno da parte del padre. Lui non esercita neppure il diritto di visita, trincerato dietro le scuse e le contestazioni tutte uguali riguardanti il mio operato. Nessuno mi ha concesso il diritto di affiancare il mio cognome a quello del padre. Nessuno ha ritenuto che io avessi il diritto di continuare ad occuparmi di mio figlio, dal momento che non se ne occupa anche il padre.
Sono stati eseguiti molteplici accertamenti ed indagini su di me, sulla mia psiche e sulla mia vita. Sulla relazione con mio figlio. Sono risultata una persona normale, che abita in una casa decorosa, con un lavoro stabile, un cinema ogni tanto. Non faccio uso di stupefacenti, non bevo alcol, non ho una condotta sessuale promiscua. Non mi prostituisco. Non ho mai maltrattato mio figlio. La mia fedina penale è immacolata. Neanche una cartella di Equitalia. Qualche multa per divieto di sosta, forse. Non soffro di disturbi o patologie accertati. La mia unica dipendenza è relativa al cioccolato fondente. Potessi correggere qualcosa della mia persona o del mio comportamento per fare in modo che lui resti a casa con me, lo farei subito. Eppure non sono più ritenuta una buona mamma per il mio Franceschino. Nonostante lui sia un bimbo sano, sereno, in una fase di sviluppo normale per la sua età. Va a scuola, l’inglese, il basket, la bicicletta senza rotelle. Gli amichetti, le festicciole, le letterine, il pongo, i supereroi.

Il mio principale difetto? È stato detto che, sebbene il mio bimbo sia capace di distaccarsi con serenità da me per esplorare lo spazio che lo circonda, io vivo male il distacco da lui. E questa è una vera contraddizione in termini: se è stato riscontrato da parte degli specialisti, di fatto, che Franceschino è in grado di distaccarsi serenamente dalla sua figura di riferimento principale, anche detta caregiver, che nel suo caso specifico coincide con la mamma, la psicologia insegna che questo processo è possibile solo se l’adulto è in grado di non suscitare ansie in lui nel momento dell’allontanamento e del ricongiungimento. E perciò, se non sono presenti ansie nel mio bimbo, significa che le ansie non sono presenti neanche in me. Ma c’è di più: significa che sono una mamma premurosa, solida, accogliente, che lo stimola e lo incoraggia adeguatamente alle sue piccole grandi scoperte e conquiste, e che posseggo la giusta serenità ed il giusto equilibrio per renderlo sempre più autonomo e supportarlo nelle sue normali fasi di crescita e sviluppo. Ma questo è in effetti il mio peccato originale. Non viene tollerato da parte del padre né dalla società civile il fatto che questa mamma non sia riuscita a trasferire su quel padre lo stesso attaccamento da parte del figlio. Come se la responsabilità di ciò fosse mia. Allora è cominciato ad andare tutto di traverso. Le ostilità, le minacce, gli ammonimenti, gli incartamenti. Hanno cominciato a scrivere che sono ostativa, iperprotettiva, alienante. Eppure mio figlio continua ad essere lo stesso bambino allegro e sicuro di sempre. Ma con qualche incertezza. Con qualche timore. Franceschino è stato trascinato presso tante aule, ha conosciuto tante figure che hanno tentato di sostituirsi alla sua mamma. Che gli hanno spiegato che se lui non si comporta bene gliela porteranno via, la sua mamma, la sua casa, la sua vita..

Mio figlio sta vivendo come un prigioniero. Sa che le maestre a scuola lo osservano e lo valutano. Ha paura di farsi vedere con un buco nei pantaloni o con il grembiule sporco, di dare uno spintone ad un compagno o di piangere se inciampa e cade. Ha paura quando la notte è buio e non mi sente accanto a lui. Ha paura che i miei sacrifici non possano bastare per lasciarlo crescere dove lui è nato, dove sta bene, e soprattutto dove il padre non viene mai a trovarlo, per disprezzo e rabbia. Suo padre è infatti disponibile ad venirlo a trovare solo in uno spazio neutro o in un istituto, ove io non devo neppure farmi vedere, come una criminale, ed ove terze persone epureranno il bambino dalla mamma e dalla famiglia materna intera. Dopo che Franceschino sarà stato opportunamente minacciato, resettato ed purificato dalla mia contaminazione, allora si renderà disponibile a tutto pur di uscire dal lager, anche di andare a vivere con l’estraneo padre padrone. Soltanto allora la guerra infanticida e matricida sarà definitivamente vinta. Non gli è stato possibile mantenere neppure il mio cognome, affiancato, anzi, posposto a quello del padre, per mantenere viva almeno la mia memoria. Non è possibile, infatti, tuttora in Italia, presentare la richiesta di aggiunta del cognome materno per un minorenne, senza il consenso del padre.
Caro Gesù bambino,
quest’anno per Natale ho ricevuto un parere favorevole affinché sia revocata la mia responsabilità genitoriale. Manca solo un timbro, poi l’allontanamento forzato, i traumi, le vite spezzate, le ferite irrimediabili. Non ho fatto niente, non ho colpe da espiare. Ho solo chiesto che Franceschino possa abituarsi gradualmente e con la massima calma e serenità alla presenza di un estraneo: suo padre. Ho solo chiesto di ascoltare i suoi bisogni e rispettare i suoi tempi, in nome di un’infanzia serena in cui, passo dopo passo, si tentasse di integrare anche il padre. Lo continuerò a chiedere sempre, anche se continueranno a non ascoltarmi. I sacrifici sono stati richiesti solo al bambino. Il padre non deve fare nulla. Ha fatto la sua denuncia, ha detto che il bambino non è bendisposto nei suoi confronti, e grazie a dei grossolani accertamenti e grazie a delle discutibili sottrazioni di prove, è risultato credibile. Lui che non ha cambiato un solo pannolino e che non ha curato neanche un raffreddore. Che non ha mai fatto una telefonata per dire buonanotte. Lui che è nullatenente per non mandare il mantenimento. Io che sono amorevole, presente e solida, vado invece punita. Punita perché nel 2015 non si può crescere un bambino felice se il patriarca non è d’accordo.

Nel 1994, anno della famiglia,  Giovanni Paolo II scrisse una lettera ai bambini per Natale. **“Nelle vicende del Bimbo di Betlemme potete riconoscere le sorti dei bambini di tutto il mondo. Se è vero che un bambino rappresenta la gioia non solo dei genitori, ma della Chiesa e dell'intera società, è vero pure che ai nostri tempi molti bambini, purtroppo, in varie parti del mondo soffrono e sono minacciati: patiscono la fame e la miseria, muoiono a causa delle malattie e della denutrizione, cadono vittime delle guerre, vengono abbandonati dai genitori e condannati a rimanere senza casa, privi del calore di una propria famiglia, subiscono molte forme di violenza e di prepotenza da parte degli adulti. Come è possibile rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza di tanti bambini, specialmente quando è causata in qualche modo dagli adulti? […] Proprio meditando su questi fatti, che colmano di dolore i nostri cuori, ho deciso di chiedere a voi, cari bambini e ragazzi, di farvi carico della preghiera per la pace. Lo sapete bene: l'amore e la concordia costruiscono la pace, l'odio e la violenza la distruggono. Voi rifuggite istintivamente dall'odio e siete attratti dall'amore: per questo il Papa è certo che non respingerete la sua richiesta, ma vi unirete alla sua preghiera per la pace nel mondo con lo stesso slancio con cui pregate per la pace e la concordia nelle vostre famiglie.”** 
Caro Gesù bambino, prega per tutti i bambini che non hanno il diritto di rimanere a casa propria, per tutte le mamme ed i padri amorevoli che si trovano impossibilitati a tutelare le proprie creature. Prega il mio Franceschino, dagli la forza di resistere agli assalti di suo padre e della nostra vigliacca società cosiddetta civile. Tieni nel tuo cuore le sorti dei tanti, tantissimi bambini che sono vittima di questa guerra silenziosa e terribile che non suscita la compassione dei nostri concittadini perché no, non passa al notiziario delle 20.00. Ancora oggi sessanta milioni di italiani sono fortemente convinti che non sia possibile allontanare un bambino dalla madre, a meno che lei non sia effettivamente pericolosa per lui. Ma purtroppo si sbagliano.

Una mamma per sempre.