domenica 28 giugno 2015

Antonietta non aveva taciuto, non era stata ascoltata

ll 26 giugno Repubblica ha pubblicato  un articolo firmato da Vera Schiavazzi,  poi ripreso anche da Huffington Post, intitolato: Picchiata dal marito, ha taciuto fino alla morte che presenta inesattezze e (tanto per cambiare) cliché che non contribuiscono alla corretta informazione sul tema della violenza contro le donne. Ne ha scritto anche il blog Ricciocorno.
Il problema è noto da anni e riguarda  stereotipi e pregiudizi che si ripetono sulla stampa  nei casi di violenza, in assenza di una analisi approfondita del fenomeno. Uno schema  molto diffuso è quello delle lodi sul  coraggio delle donne che denunciano e lo stigma per quelle che tacciono, come avviene in  questo articolo che sposta tutta l’attenzione del lettore sul silenzio  di  Antonietta,  pagato con la malattia e la morte. La violenza esce di scena e lascia il posto al  silenzio della vittima.  I pregiudizi sono talmente forti che prevalgono  sulla verità e nonostante Antonietta avesse in realtà rivelato le violenze, come poi si legge nell’articolo, la giornalista  indulge accogliendo senza alcun commento critico, la testimonianza di un cugino  sulla mancanza di ribellione della vittima.
La realtà delle donne che subiscono violenza è più complessa. La rivelazione della violenza   non dipende banalmente dal  coraggio ma da tutta una serie di valutazioni che fanno le vittime. Quante chance ho  di superare tutte le difficoltà e di separarmi?  Sarò creduta? Come vivrò senza reddito? Mi posso fidare delle istituzioni? Mi toglieranno i figli? Proteggeranno me è i bambini o ci ucciderà? Sono queste le domande  ma incontrano risposte? Altri fattori che possono rimandare  nel tempo la denuncia o lo svelamento, dipendono dalle conseguenze fisiche o psicologiche della violenza che sono variabili  da donna a donna. La cosa sorprendente  è che in questo articolo leggiamo che  Antonietta aveva chiesto aiuto ma si era sentita rispondere  che “aveva due figli e che doveva sopportare” e addirittura era andata dai carabinieri dopo aver  registrato le ingiurie del marito ma che “quella sera non aveva un livido addosso, e senza livido non c’è violenza”. Non so se questa sia stata davvero la risposta dei carabinieri ci si augura di no,  perché si tratterebbe di una cosa grave. Da quando il maltrattamento psicologico e gli insulti non costituiscono un  reato? Perché la giornalista non lo chiarisce? Il maltrattamento che sia fisico o psicologico è un reato!   E’ compito della polizia giudiziaria approfondire, fare le domande giuste, ascoltare con attenzione e raccogliere con la collaborazione della vittima, tutti gli elementi per istruire il processo, come le dichiarazioni di testimoni delle violenze o di quelli che hanno accolto le confidenze della vittima, referti del pronto soccorso, ricoveri ospedalieri conseguenti alle violenze. Non possiamo più  sapere quanti  tentativi avrà fatto Antonietta per uscire da quell’inferno ma restituiamole la verità, aveva raccontato a più persone il suo inferno,  aveva   registrato le ingiurie del marito, era andata dai carabinieri per denunciare. 
Non aveva taciuto, non era stata ascoltata.
@Nadiesdaa